Casier
P.zza Leonardo Da Vinci n. 16
CENNI STORICI
Il ritrovamento nel letto del Sile di reperti archeologici risalenti all'età del bronzo testimonia un'antica presenza umana a Casier.
Fin dal primo Millennio a. C., l'importante via fluviale favorì il commercio tra le genti dell'entroterra veneto e la laguna, specialmente di materiali in bronzo ed in ferro (spade, pugnali, asce, elmi, falci, vasi, fibule, ecc.), di cui si conservano alcuni interessanti esemplari nel museo civico di Treviso.
Nell'alto medioevo (anno 710) sorse nel capoluogo di Casier il monastero benedettino dei SS. Pietro, Paolo e Teonisto, alle dipendenze dell'abbazia di S. Zeno di Verona.
Verso il mille, i signori da Casier (de Caserio), edificarono lungo il Sile la loro dimora-castello, anche per il controllo dell'intenso traffico commerciale sul fiume.
All'inizio del '900 erano ancora in funzione le "ruote" dei molini lungo il canale della Rogia (Roja), risalenti all'VIII secolo.
Secondo la tradizione, nell'area dell'antico monastero benedettino sorse la chiesa parrocchiale, che fu ricostruita nel Settecento sotto il protettorato della Commenda di S. Giovanni del Tempio di Treviso.
Nel Sei e Settecento furono edificate nel capoluogo alcune ville ad opera di patrizi veneziani fra le quali possiamo ancora ammirare quelle dei nobili Barbaro e dei Franceschi-Rombo.
Esse, con la chiesa parrocchiale, conservano ancora gioielli d'arte dell'epoca, sia di pittura che di scultura.
Anche la frazione di Dosson vanta antiche origini: un testamento dell'VIII secolo (anno 790) ci descrive il suo territorio già da allora abitato e coltivato; vi si nomina inoltre, una fornace per la produzione di laterizi.
Sul finire del XI secolo, nacquero il monastero e la chiesa di S. Vigilio (l'attuale è del Settecento), alle dipendenze dell'abbazia di S. Eustachio di Nervesa, fondata dai Collalto, conti di Treviso.
Nel testamento del giudice trevigiano Pietro Arpo (anno 1331) si nomina un suo castellare in Dosson. Alla metà del Seicento il barone veneziano Berlendis costruì il suo palazzo, dove sorge attualmente la villa De Reali-Canossa, circondata da un grande parco naturale.
In questa villa si conservano ancora alcuni reperti di archeologia provenienti dagli scavi di Altino romana.
In località "Le Grazie" di Dosson sorge la settecentesca villa veneta dei nobili veneziani Contarini, con pregevoli affreschi e sculture marmoree.
Attraverso la fusione delle due maggiori frazioni di Casier e di Dosson, nonchè con parte delle Grazie e di Frescada, sul Terraglio, si costituì all'inizio dell'Ottocento (1 genn. 1819) il comune di Casier che conta una superficie di 13.46 Kmq.
Nell'ultimo dopoguerra, la naturale espansione della città ed un notevole insediamento di complessi industriali, artigianali e commerciali hanno migliorato sensibilmente la situazione socio-economica del paese.
L'agricoltura produce, fra l'altro, l'autentico radicchio rosso trevigiano, detto "spadone", coltivato a Dosson con le ben note tecniche di imbiancamento fin dalla metà dell'Ottocento.
Anche al giorno d'oggi è intensa l'attività nel settore secondario e terziario (dei laterizi, della ceramica, del legno, del ferro, dell'abbigliamento e della rete distributiva dei generi di primo consumo) che assorbe un gran numero di addetti, provenienti anche dai comuni limitrofi.
Molti giovani ed anziani, per la gran parte volontari, militano nelle numerose Associazioni locali, svolgendo la loro opera proficua nel campo culturale, sportivo, ricreativo, religioso ed assistenziale.
Tra i personaggi illustri, si ricorda innanzitutto il dossonese Antonio Beni, architetto e pittore, che adornò con quadri ad olio ed affreschi numerose chiese e palazzi.
Come architetto progettò fra l'altro le chiese di Quinto, di Fossalta e di Camposampiero, ampliando quelle di Lughignano, di Altivole e di altre del Trevigiano.
Fu fondatore e presidente della Commissione d'arte diocesana, di cui erano membri celebri personaggi, quali mons. Angelo Marchesan, il comm. Daniele Monterumici e l'ing. Vincenzo Gregori.
Si ricorda poi Giuseppe Maffioli (1925-1985), pubblicista, commediografo ed attore di teatro, di cinema e di Televisione, in cui lavorò anche con Francesco Baseggio ed Ugo Tognazzi.
Fu un "personaggio irripetibile" nella raffinata cucina veneta, delle cui opere storico-letterarie intorno agli anni Ottanta hanno suscitato particolare interesse "Il romanzo della grande cucina", "Cucina e vini delle tre Venezie" e "La cucina trevigiana".
Merita inoltre doverosa menzione il generale Augusto Vanzo (1861-1931) che, dopo aver percorso brillantemente l'accademia militare di Torino, ne uscì a ventitrè anni col grado di Tenente del Genio.
Nel 1913, col grado di generale fu nominato Assistente di campo di S. M. il Re e, nel 1915, ricoprì la carica di Capo di Stato Maggiore della 3^ Armata, comandata da S.A.R. il Duca d'Aosta, distinguendosi particolarmente nelle cruente battaglie del Carso e dell'Isonzo durante la Grande Guerra.
Abbandonato l'esercito dopo il conflitto, divenne Presidente del Tribunale Supremo di Guerra e di Marina e, dal 1923 Presidente del Consiglio Provinciale di Treviso.
Nato da una famiglia di umili origini a Dosson, morì senatore (dal 1928) a Roma nel 1931.
Il capoluogo di Casier ricorda con grande riconoscenza il cav. Angelo Toso (1830-1914), proprietario dei molini omonimi di Melma (Silea) all'inizio del secolo, che pose la residenza a Casier nella villa che porta ancora il suo nome, tra la Roggia ed il Sile, sede nella prima guerra di un ospedale militare, dove fu ricoverato l'8 luglio 1918 l'illustre romanziere americano Ernest Hemingwai, a seguito delle ferite riportate a Fossalta di Piave.
La famiglia Toso è benemerita soprattutto per aver fondato la Cooperativa di Consumo locale e l'orfanatrofio per l'assistenza degli orfani di guerra, durante l'ultimo grande conflitto ospitò sino a cento bambine povere e senza famiglia.
Come si è già accennato, nelle due Parrocchie del comune si conservano numerose opere d'arte di noti autori.
In quella del capoluogo, si possono ammirare la pala dei Santi Titolari di Casier (Teonisto, Tabra e Tabrata) del trevigiano Bartolomeo Orioli (1569-1627), datata 1601, e le calcografie settecentesche della Via Crucis, creazioni di vari ed importanti autori fra i quali Domenico Majotto, Gaspare Diziani e Francesco Zugno.
Nella chiesa di Dosson è custodita fra le altre opere di pregio la meravigliosa tela quattrocentesca di Pier Francesco Bissolo (1470 c. - 1554), allievo del Tiepolo.
Un grande capolavoro di fattura greca viene ritenuto il Crocifisso quattro o cinquecentesco, proveniente dall'isola di Creta ai Tempi della Serenissima.
Ai lati dell'altare maggiore si elevano infine due angeli marmorei del primo '700, opera dello scultore veneziano A. Tarsia (1663 c.-1739).
Ville
Particolare interesse destano le quattro ville del territorio: quelle Barbaro e Carlotta di Casier, la Contarini e de Reali-Canossa di Dosson.
La Barbaro, edificata nel Seicento su disegno dell'arch. Andrea-Pagnossin (I576 c.- 1642 c.), fu la residenza di celebri famiglie veneziane: appartenne dapprima ai Pisani, poi ai Giustiniani e, alla fine del '700, ai Barbaro.
Alla metà dell'Ottocento fu acquistata dai signori Guerra, passando all'inizio del Novecento ai nobili Mocenigo. Dal dopoguerra appartiene ai signori Burri di Trieste.
Durante la Grande Guerra fu sede del Comando della III Armata; mentre nella seconda guerra mondiale fu occupata da diversi Comandi militari anche stranieri.
Il suo oratorio, dedicato a S. Maria della Concezione, conserva delle preziose opere d'arte, come la tela del soffitto, di Gaspare Diziani, databile ai primi del 1700.
Pregevole è anche il gruppo marmoreo di Pietro Baratta (1659-1720), posto sopra l'altare maggiore, rappresentante la Sacra Famiglia.
Sulle pareti dello stesso oratorio e degna di attenzione una Via Crucis, in calcografia, del Galimberti di Venezia (XVI sec.).
Villa Carlotta fu di proprietà all'inizio del Seicento dei signori veneziani Brolo-Lanza. Alla metà dell'800 l'acquistarono i signori Franceschi-Rombo per passare all'inizio del 1900 alla contessa Morosini, che ne fece un ritrovo di grandi feste ed incontri mondani.
Da notare il suo oratorio che è dedicato a S. Anna ed è anche chiamato dell'Annunciazione: all'interno, una pala raffigura la Santa, mentre due dipinti su tavole rappresentano i SS. Antonio Abate e Antonio da Padova.
Dal I944 al 1948, villa Carlotta ospitò alcuni reparti dell'Ospedale civile di Treviso, che era sfollato a Casier.
Essa è attualmente di proprietà della famiglia Palla di Treviso.
Delle due ville storiche di Dosson, la Contarini in Località delle Grazie, appartenne all'inizio del '700 all'omonimo Casato veneziano annoverato fra quelle poche famiglie, dette apostoliche, che elessero nel 694 il primo doge della Repubblica Veneta, Paoluccio Anafesto, che diede alla Serenissima ben otto dogi, un cardinale e quattro Patriarchi della città.
La villa, di stile settecentesco veneziano, possiede due adiacenze laterali, scuderie, barchesse, ceramiche, stucchi, parco e giardino.
Conserva dei mobili originali dell'epoca, bassorilievi, nonchè alcuni quadri della Scuola di J. Bassano (1515-1592).
Anche il suo oratorio è arricchito di stucchi e marmi e conserva una pala con la Madonna e S. Domenico.
Alla fine del XVIII secolo, venne acquistata dal veneziano Guizzetti, che diede il nome alla via cui si affaccia l'edificio.
Alla metà di quel secolo, passò in proprietà degli Antonini, poi dei Dalla Rovere e, all'inizio del 1900, alla famiglia Nenzi di Venezia.
Nel 1954 fu ceduta all'Istituto veneziano Santa Maria della Pietà che l'adibì a collegio orfanatrofio.
L'altra villa dossonese, de Reali-Canossa, fu costruita nella seconda metà del '900 dal senatore Antonio de Reali, sulle fondamenta del seicentesco palazzo domenicale del barone Berlendis.
È adornata da un grandioso parco all'"inglese" con laghetto centrale, progettato dallo stesso senatore Antonio.
Secondo Giuseppe Mazzotti, lo stile del corpo centrale è barocco veneziano.
Essa è affiancata da barchesse, scuderie ed un ampio loggiato che, fino alla morte (1937) dell'ultimo erede maschio della famiglia, il conte Giuseppe, possedeva una straordinaria raccolta di reperti archeologici, provenienti dagli scavi di Altino (anfore, statue marmoree, colonne, stele funerarie, tutte d'epoca romana), dove i de Reali erano proprietari di ben 2.000 capi di terreno.
Una sorella del conte Giuseppe, Teresa, sposò nel 1900 il marchese Giuseppe Canossa, discendente dal nobile capostipite Bonifacio di Toscana, la cui figlia Matilde favorì lo storico incontro fra il papa Gregorio VII ed il penitente imperatore Enrico, proprio a Canossa (26 gennaio 1077).
Da allora, divenne proverbiale il motto "andare a Canossa", per significare un incontro di umiliante sottomissione.